Antonio Bello, meglio conosciuto come don Tonino (Alessano, 18 marzo 1935 – Molfetta, 20 aprile 1993) è stato un vescovo cattolico italiano.
La Congregazione delle cause dei santi ne ha avviato il processo di beatificazione. È stato dichiarato venerabile il 25 novembre 2021 da papa Francesco.
Lo stesso Papa Francesco si recò in visita ad Alessano e Molfetta in ricordo del servo di Dio Don Tonino Bello per il 25esimo anniversario della morte.
Eppure in vita don Tonino da molti suoi ”colleghi” veniva visto diversamente, in qualche caso emarginato, ma la sua grandezza è ancora viva: sentirsi ultimo degli ultimi.
Don Tonino Bello ha interpretato il suo ruolo di vescovo non come un ruolo di potere ma di servizio, più che mai attuale oggi quando si parla della Chiesa del grembiule, ma la figura di Don Tonino è legata soprattutto alla sua grande passione per la pace.
Risuonano, forti, nella testa le parole del vescovo di Molfetta quando dinanzi la tv assistiamo al conflitto in Ucraina. Don Tonino diceva: «la pace è convivialità. È mangiare il pane insieme con gli altri, senza separarsi. E l’altro è un volto da scoprire, da contemplare, da togliere dalle nebbie dell’omologazione, dell’appiattimento. Un volto da contemplare, da guardare e da accarezzare e la carezza è un dono. La carezza non è mai un prendere per portare a sé, è sempre un dare. E la pace cos’è? È convivialità delle differenze. È mettersi a sedere alla stessa tavola fra persone diverse, che noi siamo chiamati a servire».
Quanta bellezza c’è nelle parole: “e l’altro è un volto da scoprire, da contemplare, da togliere dalle nebbie dell’omologazione, dell’appiattimento”. Non serve aggiungere altro.
La grandezza di questo servo di Dio, a chi gli chiedeva che cosa lo affliggesse di più, don Tonino rispondeva: «mi fa soffrire molto l’impossibilità di giungere a dare una mano a tutti. Ho un’agenda sovraccarica di persone che chiedono una visita, un sostegno, un appuntamento, del denaro, una soluzione ai loro problemi…Si vorrebbe avere occhi e mani per ognuno, ma non si riesce, e questo è il rammarico più grande».
Incontra i poveri personalmente, gira per le strade della città, va alla stazione, incontra i barboni. Non si limita alla compassione, vuole dare loro dignità.
Nel 1985 viene nominato Presidente nazionale di Pax Christi, facendosi profeta di giustizia sulle vie della pace fino all’ultimo suo respiro. Così scriveva alla vigilia del viaggio a Sarajevo, quando già la malattia aveva minato in modo irreversibile il suo fisico: «Il cammino verso Sarajevo, che si compirà dal 7 al 13 dicembre, da un esercito disarmato di operatori di pace l’irruzione di Francesco d’Assisi nel campo militare di Damietta, in Palestina presidiata dal sultano Melik el Kamil. Nel giugno del 1219, la flotta dei crociati partì da Ancona verso la Palestina, alla conquista dei Luoghi Santi. Su una nave salì anche Francesco, col segreto disegno di convertire i soldati a propositi di nonviolenza, ma anche col desiderio di frapporsi, disarmato, tra i Saraceni e i crociati. Il cammino verso Sarajevo, che partirà anch’esso da Ancona, vuole ripetere lo stesso gesto di Francesco. Porsi come richiamo alla tragicità della violenza che non potrà mai risolvere i problemi dei popoli».
Quanta verità: <<porsi come richiamo alla tragicità della violenza che non potrà mai risolvere i problemi dei popoli>> eppure l’ avanzata russa devasta famiglie e speranze.
L’ Ucraina come Sarajevo, come la Siria, come tante zone dell’Africa, quanta sofferenza dinanzi gli occhi di Dio, tutto ciò ideato dalla sua creatura perfetta: l’uomo, irrispettoso della stessa vita donata.
Invece, Don Tonino insegnava che vivere è abbandonarsi, come un gabbiano, all’ebbrezza del vento, vivere è assaporare l’avventura della libertà, vivere è stendere l’ala, l’unica ala, con la fiducia di chi sa di avere nel volo un partner grande come Te. Stare con gli ultimi significa lasciarsi coinvolgere dalla loro vita.
La gente della sua Diocesi lo amava e lui amava la gente. E chi si sente un cristiano cattolico è un po’ in debito con questo grande uomo. Lascio un ultimo messaggio di don Tonino, credo che sia il miglior pensiero da dedicare ai potenti della terra: “ricordiamoci che delle nostre parole dobbiamo rendere conto agli uomini. Ma dei nostri silenzi dobbiamo rendere conto a Dio!”.