Giardini di Marzo di Lucio Battisti. Tra esistenzialismo, panismo e donna angelo  

Nonostante la temperatura ancora altalenante oramai siamo giunti al mese di Marzo.

Un mese che esprime in sé le sue contraddizioni, non a caso un detto popolare recita “Marzo è Pazzo”.

E queste contraddizioni sono espresse, trasvolate in una relazione sentimentale, da Lucio Battisti nella sua canzone “I Giardini di Marzo”.

la canzone comincia con un ricordo del protagonista della sua adolescenza, quando fuori scuola  passava il carretto dei gelati e dei suoi amici che, fuori scuola, vendevano i libri, una pratica che lasciava interdetto lo stesso, che si limitava a guardarli con la mente ai suoi tarli, ai suoi timori, alle sue ossessive paure.

E lei già c’era e restava a sua volta interdetta, la sera, quando lui al telefono non parlava, non trovava parole, restava muto, e gli chiede parlami. Ma lui non riusciva, incapace di esprimere i propri sentimenti, d’amore, che provava. Ragazzo solitario e taciturno. Ma con un mondo immenso dentro.

Difatti nella strofa successiva si chiede che anno è e che giorno è, uno sperimento temporale in cui l’unica certezza era che, quello, era il tempo di vivere con lei.

E procede con un abbraccio universale, con panteismo panico in cui afferma che”Fiumi azzurri e colline e praterie, dove corrono dolcissime le mie malinconie. L’Universo trova spazio dentro me”, nel suo sentire interiore le sue tristezze corrono per valli e monti, l’intero Universo è dentro di lui, panteisticamente, ma, in concreto, il coraggio di vivere ancora non c’è.

Nonostante le sue mani non tremino più c’è il ricordo straziante della esistenza, non limitata al solo rapporto amoroso, ma di cui la donna è il correlato oggettivo.

Ricorda, infatti, il motivo per cui si lasciarono, lei era caduta in tentazione con un altro e lo aveva tradito ma, allo stesso tempo chiedeva a lui il perdono, un perdono che lui non sapeva accettare, e per di più falso perché avvenuto dopo il fatto e finto “Continuai a camminare lasciandoti attrice di ieri”.

In questo brano Lucio Battisti si dimostra un trovatore new age, in cui trasmette ideali esistenzialistici basandosi su una relazione amorosa ed allo stesso tempo poeta che incarna, grazie alle sonorità ed alla sua voce, nonché al testo di Mogol, un panismo dialettico, ove la donna angelica è riletta in chiave contemporanea, tradisce ma ciò non muta il suo essere donna angelo che amplia le vedute interiori del lui.

Giovanni Di Rubba 

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