By Luigi Iazzetta
Per quanto Putin cerchi di giustificare l’attacco all’Ucraina quale operazione di peacekeeping in supporto delle da poco riconosciute Repubbliche, è evidente a tutti che si tratti di una guerra di aggressione in violazione del diritto internazionale che vieta l’uso della forza, con l’eccezione della legittima difesa (individuale e collettiva). I conflitti interni delle Repubbliche auto proclamate di Donetsk e Luhans’k avevano generato qualche tensione e preoccupazione ma non al punto da costituire una minaccia alla sicurezza internazionale. Non convince neanche la retorica dell’”espansione della Nato verso est” poiché la potenza di un’Organizzazione internazionale la cui adesione è fondata su principi democratici e volontaristici può solo dare un pretesto ma non giustificare la (lucida?) follia di un dittatore (neanche tanto “mascherato” per chi conosce la storia politica della Russia degli ultimi 20 anni)che aveva già in programma quanto sta accadendo. La sovranità territoriale (riconosciuta giuridicamente dalla Carta delle Nazioni Unite), principio sacro santo di fronte al quale si arresta finanche l’altrettanto importante concetto di autodeterminazione dei popoli, dovrebbe essere tenuto a mente da chi tende in qualsiasi modo di cercare alibi.
Più condivisibile appare la critica di chi evidenzia l’ipocrisia della falsa retorica “no-war” da parte dei Governi che forniscono aiuti militari.ll Consiglio dei ministri italianoha autorizzato l’esportazione di armi all’Ucraina:si tratta di missili antiaerei e controcarro, mitragliatrici, munizioni e mine anticarro. Sebbene la nostra Costituzione non lo vieti espressamente, fornire armi servirà, come ha affermato Tommaso Montanari, a “gettare benzina sul fuoco”: stare dalla parte degli oppressi non significa necessariamente accettare la logica binaria della guerra!
Tral’altro, un conto è fornire i c.d. “equipaggiamenti militari non letali di protezione”, mezzi di difesa e non di offesa, altro è inviare armi letali vere e proprie.
Se evitare un conflitto mondiale e potenziali disastri nucleari è l’obiettivo indiscusso, meno facile risulta individuare le strategie.
L’unica strada percorribile sembra essere quella delle sanzioni economiche, le quali consistono nell’ esclusione di uno Stato e dei suoi cittadini dal sistema globale degli scambi.
La Russia sta già pagando il prezzo delle aggressioni, con il rublo che ha segnato nella giornata di giovedì 24 febbraio un record negativo storico contro il dollaro americano e la borsa di Mosca che ha aperto a -33%.
Come si traducono, poi, queste decisioni sull’economia generale? L’effetto collaterale di misure di tale portata è la reciprocità degli effetti negativi per le economie degli Stati che adottano le sanzioni.Due Stati europei potrebbero subire pesanti conseguenze a causa delle sanzioni contro la Russia:si tratta dell’Italia e della Germania:il fabbisogno energetico dell’Italia,infatti, dipende in larga partedalle importazioni di gas dalla Russia.
Nel 2014, dopo la crisi della Crimea, le sanzioni dell’Europa contro la Russia, pur avendo causato gravi danni al sistema economico, non si sono rivelate efficaci per porre fine alle ostilità. Il rischio che le sanzioni economiche non riescano a fronteggiare la guerra con le armi è tangibile ma la loro efficacia dipende anche dalla rilevanza dei settori coinvolti del Paese sanzionato: colpire il settore energetico, ad esempio, potrebbe essere un colpo durissimo nel tessuto economico Russo indebolendo il sostegno da parte degli oligarchi a Putin. D’altronde, di fronte all’alternativa di un conflitto mondiale, il rischio dell’inefficacia delle sanzioni risulta essere comunque il male minore.