Interessante la figura di Guillen Lombardo, che fu classificata come eresia in Messico perpretata dal suddetto capipopolo, un rivoluzionario che voleva non solo salvare gli indios dallo sfruttamento ma aveva un progetto ben più ambizioso: liberare gli indigeni ed i neri dalla morsa della schiavitù e proclamarsi Re del Messico.
Per questo motivo fu accusato di sedizione, tratto in arresto dalla Inquisizione, che lo accusò di utilizzare la magia nera e la stregoneria al fine di sovvertire l’ordine costituito, ed infine condannato.
In un suo scritto scritto Troncarelli nota come vi siano profonde affinità tra Lamport (vero nome di Guillen Lombardo) e Zorro, il personaggio creato dalla penna di Jhonston McCulley .
Certo analogie c’erano, Lamport era un uomo dalla doppia vita come Zorro, aveva un amico di nome Diego con cui operava, era ovviamente amico dei locali e loro protettore e contro le ingiustizie delle autorità corrotte, fu aiutato dai francescani, evase di prigione e fece evadere l’amico Diego, spiegò i suoi gesti con manifesti ed ordì una congiura.
Su come il mito di Lombardo giunse all’autore di Zorro, è ragionevole sostenere che ciò sia avvenuto tramite il generale Vicente Riva Placido, affiliato alla massoneria come McCulley e grande ammiratore del capopopolo messicano. Sempre con riguardo alla massoneria un altro autore, Carpeoro, nota come la Z simbolo dell’eroe sia anche un simbolo massonico, abbreviazione del termine arabo zizon o ziza ed indica la rinascita e lo splendore .
Ma leggende a parte vediamo chi era realmente questo Guillen Lamport.
Mago e personaggio eccentrico, nelle sue uscite notturne indossava abiti scuri come Zorro, probabilmente era un agente segreto della Corona spagnola alle costole del viceré del Messico, il Marchese Villena.
La tesi sarebbe suffragata dal fatto che Lambert non lavorava pur vivendo nel lusso, inoltre inviava molte lettere ad un mittente sconosciuto.
Viveva poi in aperto concubinato restando impunito ed indagò privatamente sul viceré per conto del vescovo Palafox
Certo motivi per mandare un agente segreto in Nuova Spagna ce n’erano, Villena mostrava, infatti, simpatie non troppo velate per il Portogallo, che nel 1621 era insorto divenendo indipendente dalla Spagna.
Simpatie manifestate apertamente dunque, ma non solo, in maniera impacciata, da golpista sciocco e senza un briciolo della diplomazia pur necessaria per porre in essere un colpo di Stato
Perfetto incosciente non si risparmiò certo gaffe evitabili, clamorosa quella fatta quando gli regalarono due cavalli, uno di Pedro di Castiglia e uno di Don Cristobal di Portogallo.
Ovvio il viceré affermò senza riserve che preferiva il portoghese.
Ma non è tutto, iniziò a compiere atti indipendentisti e vanagloriosi in Messico, si faceva accompagnare da paggi come il Re, contro l’uso comune, e sedeva su uno scranno più alto.
Soprattutto inviò due battelli nelle Fiandre con 80000 pesos per comprare armi e infine mandato anche una nave a Lisbona piena di portoghesi proprio nel 1641, anno della rivolta.
Questi portoghesi ammutinarono senza troppi fronzoli il capitano spagnolo.
Il ruolo di Lamport nella redazione della Relation a Palafox emerge dagli incartamenti e deposizioni del suo processo , conservati in duplice copia all'”Archivio General de la Nation” di Città del Messico e all'”Archivio Historico National de Madrid” dagli stessi incartamenti emergono altresì le circostanze del suo arresto e le accuse che andremo di qui a breve ad analizzare.
Il vescovo Palafox scacciò l’imbarazzante Villena che, tra l’altro, aveva suscitato anche le antipatie degli indios, gli indigeni erano infatti, stremati dal duro lavoro.
Una volta deposto il Viceré una delle prime decisioni prese dal vescovo fu migliorare le condizioni lavorative degli indigeni
Intanto Lombardo, desideroso di proclamarsi Re della Nuova Spagna, coniando addirittura il nome “Nuovo Messico” Nuovo Messico non sta ad indicare un nuovo territorio scoperto, come avveniva all’epoca della Conquista, ma bensì un Messico rigenerato, splendente, come la zizon o ziza araba.
Iniziò ad intessere un rapporto epistolare col Papa, con il Re di Francia, con la Corona portoghese ed anche con l’Olanda.
Tuttavia, forse perché stava divenendo troppo potente e pericoloso, e sapeva molte cose, il 26 ottobre 1642, verso le dieci di sera, fu tratto in arresto nella sua abitazione.
L’accusa iniziale non fu di cospirazione ma di magia e stregoneria, lo si riteneva reo di aver posto in essere un patto esplicito col demonio attraverso la divinazione.
Successivamente il capitano Mendez scoprì le lettere ed ampliò la sua denuncia includendovi la cospirazione
L’accusa probabilmente era stata solo formalizzata nel momento della scoperta delle lettere, è evidente, infatti, che Palafox già conoscesse le intenzioni di Lamport, così come conosceva le sue amicizie influenti non solo col pontefice e con i principali sovrani europei, ma anche con diverse personalità del luogo.
Il Padre Provinciale ed i francescani, infatti, reclutarono ben 400 indios arcieri per metterli al servizio di Guillen nella rivolta, c’era poi l’amico Diego, segretario del viceré che agiva con l’appoggio del vescovo.
All’Inquisizione le idee di Lamport circa l’indipendenza del Messico certo non parevano bizzarre, basandosi sulla fine disputa teologico-giuridico-politica che vedeva contrapposte diverse scuole di pensiero.
Placios Rubios riteneva che la donazione divina del Nuovo Mondo era analoga a quella che Dio fece ad Israele, la Spagna doveva intervenire nelle Americhe per sconfiggere l’idolatria, così come aveva fatto Giosuè con la tribù di Gerico.
Nelle sue “Relazioni” Cortes era di diverso avviso, pur legittimando la guerra ai fini di conversione, affermava che il rapporto politico si basava più sul vassallaggio, già noto alle tribù azteche che potevano, quindi, essere gestite meglio con quella disciplina.
Francisco Lopez Gomara sostiene addirittura, nella sua “Historia general de las Indias”, che solo i discendenti dei nativi sono i veri proprietari, ciò prendendo le mosse dal mito platoniano di Atlantide. Ovviamente l’Historia di Gomara fu bandita dal Papa
Né tantomeno la stupivano, il messianismo che accompagnava i capipopolo messicani dal XVI al XVIII secolo.
Ad esempio i casi di Carlos di Texcoco, Martin Ocelot, Andreas Mixcoalt, Tenamaxtli, Acaxees di Topia, Tepehuanos.
Gli indios come sappiamo, d’altronde, attendevano la venuta di un Salvatore proprio in quei tempi e, oltre a capipopolo un po’ coinvolti e fanatici c’era anche chi ne approfittava per consolidare il proprio potere, pur non credendo al messianismo millenarista.
Tra tutti interessanti i casi di Francisco de la Cruz, che affermava di essere una sorta di nuovo David biblico per il Perù e di Salomon Machorro che profetizzava invece l’arrivo di un nuovo Elia in Brasile. Tra l’altro sappiamo che Machorro era anche in contatto con Guillen
Questi ultimi due casi sono davvero interessanti, inoltre, perché si tratta di un millenarismo veterotestamentario, quindi confacente più a Protestanti ed Ebrei che a Cattolici. Nel caso di specie i due “profeti” erano ebraici.
Tuttavia quello di Guillen Lombardo fu un messianismo sui generis, né protestante né cattolico, potremmo azzardare quasi laico, evoluto e soprattutto più eretico che eterodosso in quanto coerente e ben sistematizzato ed inoltre figlio della cultura rinnovata che in quel tempo stava fiorendo nel Vecchio Mondo
Lamport era un assiduo lettore di Erasmo da Rotterdam che, tramite il suo “Elogio della follia”, ispirò molto l’azione dell’imperatore del Sacro Impero Carlo V, ma fu successivamente bandito dalla Chiesa di Roma; di Tommaso Moro che nella sua “Utopia”, ispirandosi alla Repubblica di Platone, voleva l’abolizione della proprietà privata ed un governo capeggiato da saggi più che da re o governatori; infine di Tommaso Campanella, aveva letto più volte “La Città del Sole” e la stessa fu ispiratrice anche di Palafox al quale il ribelle l’aveva fatta conoscere
Il processo lo portò ad una condanna al carcere, da cui fece una rocambolesca fuga alle tre di notte assieme a dei compari.
Tradito successivamente da alcuni amici ritornò dinanzi all’Inquisizione che ebbe meno pietà per lui, se nelle prime udienze si mostrò altero e spavaldo, man mano che passava il tempo, minato nel corpo e nello spirito, si mostrava stanco, spesso non ricordava le deposizioni precedenti e si contraddiceva, parlava per monosillabi.
Nell’ottobre 1659 fu condannato a morte.
Giovanni Di Rubba