La memoria del Nostro Santo Patrono, Felice in Pincis da Nola, ricorre a pochi giorni dalla festività di un altro Santo caro agli agricoltori, Antonio abate, che rappresenta proprio l’essenza ed il modo di fare, nell’immaginario, dell’agricoltore, con tutte le sue sfumature positive e, esagerando, negative.
Esso è raffigurato assieme ad un porco, che è l’equivalente del cane per i pastori, e che risulterebbe un Santo di non poco momento per Pomigliano.
Secondo quanto raccontato dal Padre Risorgimentale pomilio, Vittorio Imbriani, infatti, sembrerebbe aver contribuito alla fondazione della Nostra Città Pomigliano d’Arco.
Narra infatti il Nostro che sotto Pompeo Magno, assediato e stremato nella battaglia contro i Saraceni di Puglia, il maialino di Sant’Antonio apparì in sogno premonitore al Generale indicandogli un luogo ai piedi del Monte Somma ove scavare per il ritrovamento di un Tesoro nascosto.
Così fece con i suoi uomini e fu ritrovata una ricchezza in oro e pietre preziose sufficiente a rinfrancare le truppe ed a fondare la città in cui viviamo.
Troviamo evidente, dati gli anacronismi, che la storia sia frutto di invenzione del massone, e quindi ironica o simbolica.
Il racconto di Imbriani, per sua stessa ammissione fantastico, è però raccolto da cunti popolari, dall’oralità, che può aver confuso i Pompeo e che, senz’altro, ha dell’intrigante, se preso metaforicamente, riguardo ai cunicoli.
Ovvio, non possiamo non notare analogie agiografiche con Felice, a Cimitile, come nella basiliana Pomigliano, sorgevano catacombe paleocristiane.
Narrai ampiamente altrove la continuità sussistente tra Cimmeri, Bono Greco, Castrum Lucullianum, e Basiliani. Intuite sussistevano ampie grotte, rifugi sotterranei in Pomigliano, ove i Basiliani s’insediarono.
Ora, Antonio, contemporaneo di Felice, alla morte dei genitori, si ritirò da asceta presso delle catacombe, originario di un paese sul Nilo. All’età di 35 anni, come San Felice in Pincis, ossia nella dantesca mezza età, le lasciò prediligendo le grotte ai piedi di un monte cavo, con due discepoli, unendo, come Felice, l’Hora e l’ascesi al Labora.
Agli spiriti predisposti parlava direttamente, ai non predisposti tramite intermediazione di Macario, figura nèkya, intermediaria, un po’ come i Cimmeri eletti asceti, o l’oracolo di Delphi, scrivendo apoftegmi, aforismi dei Padri del Deserto. San Felice potrebbe essere il mediatore del vescovo Massimiliano o viceversa.
I Cimmeri sono molto probabilmente una popolazione originaria del Mar Morto, ove furono scacciati dagli Sciiti, sconfitti dagli Assiri, in contatto anche con i Persiani, anzi sicuramente abitanti originari della Persia –oggi Iran- e si recarono nella Terra di Saturno, in Italia. Popolazione che viveva nella nebbia, ci dice Omero, che la immagina oramai all’estremo settentrione, popolazione sotterranea, che vive nella nebbia, che è nékya, capace di evocare morti. Come presso Circe o come raccontato da Virgilio nella Eneide.
L’esistenza di antichi portali nelle grotte avrebbe favorito una intermediazione con i saggi Cimmeri e gli asceti. A Cimitile, a Pomigliano, i Egitto, in altri luoghi.
Pensiamo, giusto come inciso, ai rotoli del Mar Morto ed alla sapienza che celano.
Tornando a noi, basta tanto per intuire le analogie con Felice, martire nolano.
Antonio, analogamente alla Sibilla virgiliana, scese negli inferi, gli consentì il ritorno, a mo’ di filo di Arianna, il maialino che gli lasciò aperto il varco e larga e luminosa la strada.
Da notare che la festa di Sant’Antonio abate cade tra i Carmentalia, festa in onore alla ninfa Carmentana madre di Evandro, una profetessa che si pronunciava in versi (infatti i Romani chiamano Carmina i componimenti poetici in versi, da Carmenta, come gli apoftegmi e quella agricola delle Sementivae o Feriae Sementivae o Sementina dies, una festività Romana che segnava la fine della stagione della semina.
Ed il Nostro Antonio è celebrato dagli agricoltori e non, il “Fucarone”, l’usanza di bruciare il legno e le sterpaglie all’approssimarsi dei giorni più freddi, il male che dobbiamo affrontare va arso a che vi sia luce, calore e ristoro nei giorni gelidi più bui.
Durante il Fucarone si è soliti cuocere e mangiare salsicce con i locali friarielli.
Sperando cessi questa pandemia affidiamoci a Lui, a che interceda. Egli è protettore da tutte le malattie contagiose, quindi anche da questa pandemia covidica.
È taumaturgico anche contro il Fuoco di Sant’Antonio, Herpes Zoster, herpein zonnymeir, male strisciante, delle parti intime.
Giovanni Di Rubba