La storia d’amore di Fritz Nietzsche e Lou Von Salomé, vissuta negli attimi di follia al pianoforte ricordando a frammenti il viaggio in Italia ed il resto.
Stiamo parlando di una ghost track dell’album del 2003 “La Moda del Lento”, dei Baustelle, secondo edito. Dopo l’attesa silenziosa successiva ad “Arrivederci” attacca questa musica lisergica e malinconicamente nostalgica, follia temperata da malinconia, vitalità, potenza ed amore, la dolcezza ballata in sol minore opera 23, sotto il fracasso della luce della luna -Mondscheinsonate (Beethoven o Chopin?). I due spiriti filosofici di Nietzsche in contrasto, Dionisiaco ed Apollineo. Maraviglia struggente!
Si commistiona il presente dell’innamorato, una Antiomologata Adolescenza Torbida, con il racconto storico penetrando in pieno la filosofia nietzschiana. La lettura agli occhi del ragazzo protagonista e di lei, è forse, la più autentica.
I ricci di Salomé, le lettere d’amore, scrutare l’orizzonte, stare male, i giardini di Epicuro a Sorrento nelle Nostre Terre Pomilie, l’altrove di un paesaggio brullo dei loro discorsi, paesaggio lunare nel caldo del giorno, il senso della morte.
Sono sensazioni provate dall’adolescente che si trova smarrito in un contesto tardo esistenziale, circondato dalla cibernetica e senza rapporti reali se non fugaci, sicuramente non realmente profondi.
Una nostalgia d’assoluto che confronta ciò che il filosofo di Basilea ha scritto con ciò che purtroppo percepisce.
Ed infine la neurosifilide, che lo rende folle e sotto il cui effetto avviene questo viaggio lungo il sentiero di una rimembranza, di un trip sweet and bad, malato non come Socrate ma come i suoi profondissimi scritti filosofici, combattuti, come i suoi leder e le sue poesie.
Tutto ciò che ha scritto, si rende conto, non è altro che i ricci rossastri sulla fronte di Lou. Lei che è la causa della sua follia, lui precursore decollato per lei, come il precursore di cui era innamorata l’omonima principessa.
Lei che ormai non era stanca di vivere, era stanca di lui.
E la sifilide e la follia archivia il caso riguardante lei, e riguardante le sue opere. Mai comprese come i suoi sentimenti.
Come Orfeo e come centro dei Misteri Orfici.
La musica, la passione travolgente, l’impazienza. Collegabile a chi perde la testa, e magari le ninfe la trovano. E chi brama una testa per invidia e celato desio, quaestio ribaltata con Salomè ed il Battista, e ripresa con Nietzsche e l’altra Salomè, Lou. Collegato al vento travolgente di Paolo e Francesca, sbattuti a destra e a manca.
La passione non deve vincere sulla grazia e la bellezza, vedi novella di Boccaccio sulla donna maltrattata dallo sposo al fine di saggiarne la fedeltà, tanto da porre in essere una fictio in cui i figli, che studiavano a sue spese, e l’amata fossero state ripudiate.
La passione è possesso e si possiedono solo cose morte. Come una rosa staccata appassisce.
Il vero Amore è anche libertà, apprezza tutto della amata, anche e soprattutto i difetti scoprendoli pregi.
I miti orefici si contrappongono a quelli dionisiaci che sono più corporali mentre questi più attinenti all’anima, come gli eleusini al risveglio ed alo spirito. Tutti e tre emblema di rinascita.
E poi riferimenti biblici alle arpe ed i vermi. La sedimentazione, la musica serva non di Dio ma della passione, ma che tuttavia essa trascende riconciliandosi a Dio. Perché lo scopo della malvagità è abbruttire cose belle, trasformando il bene che è buono in brutto che è male, assenza, nulla, nostalgia di Dio. Ma alla fine il cuore palpita sempre e la bellezza vince.
E l’amore contemplate è dono.
Ma per questa canzone tutto si archivia.
Tutto il resto…è la coda finale senza parole
Giovanni Di Rubba