Cresciamo un po’ per giorno, centimetro dopo centimetro
Erano quasi tutti la, al campo Giuseppe Leone di Pomigliano, indomiti rugbisti di ogni età che, come in un romanzo di Dumas, vent’anni dopo ( forse qualche anno in più) si ritrovano con lo stesso spirito di giovani fieri che non si arrendono davanti a niente e nessuno. Sono arrivati alla spicciolata; prima una moto, poi un furgone, poi un SUV, un’autovettura extralusso… sono scesi tutti con un sorriso, accompagnati dalle loro donne, i figli, e…nipoti! Hanno chiuso gli uffici, i laboratori, gli studi professionali, le botteghe, hanno disdetto appuntamenti per trovarsi puntuali all’incontro, rispondendo ad un richiamo impossibile da resistere. Dumas ha descritto le gesta di moschettieri, ieri avrebbe cantato le gesta di questi “Mastini” che orgogliosi mostrano il loro simbolo ricamato sulla maglietta rossa.
Al campo ci vado anche per me. Che vuol dire: per gli amici, per rivederli, per incontrarli, con le loro facce, i loro sguardi, la loro umanità, che mi è sempre più cara. Quanti nuovi amici ho trovato al Campo! come scriveva Montale, “portano scritto più in là”, indicano un “oltre”, invitano a superare l’immediata apparenza e richiamano l’Eterno. Vado volentieri al Campo. Certo, per la passione del rugby, che mi ha contagiato. Ma, di più, per le persone buone, semplici, accoglienti e generose che ci trovo. Per il sapore dell’amicizia, della condivisione. Per il senso di pace e di serenità che mi dà quel luogo. Per l’invito che infonde, attraverso lo sport vissuto e praticato dai ragazzi, a lottare, non da soli, ma insieme, come amici, fratelli, per un traguardo comune, più grande, senza mai stancarsi, senza arrendersi mai. Credo che nello sport, non quello delle prime donne, ricche di gloria e di soldi, ma quello vero, fatto di passione e di sacrificio, valga, per analogia, quello che Ungaretti scriveva dei suoi compagni d’armi nella poesia intitolata
“Fratelli”: Di che reggimento siete fratelli?
Parola tremante nella notte
Foglia appena nata
Nell’aria spasimante involontaria rivolta dell’uomo presente alla sua fragilità
Fratelli
Vado volentieri al Campo. Come un porto, dove approdare dopo avere spesso attraversato la tempesta. Come un oasi di pace e di ristoro, per riprendere le forze, per ripartire e rimettermi di nuovo “per l’alto mare aperto” della realtà, che ci chiama a viverla per riconoscerne il Significato. O, almeno, per cercarLo. Uomini. Ci vediamo al Campo.
Si entra nel terreno di gioco, attraverso un gonfiabile che rappresenta la H, anche la simbologia fa parte del rito. Siamo in cerchio, in ginocchio: preghiamo affinchè nel mondo via sia rispetto per qualsiasi essere vivente contro ogni forma di discriminazione e violenza, perché l’entusiasmo non si esaurisca mai, che siano la ragione e la passione le nostre compagne di viaggio, per ricordare chi non c’è più: un rugbista non muore mai, al limite passa la palla! E noi tutti siamo lì per raccoglierla e continuare la partita della vita.
Si inizia e si gioca a perdifiato, come una nouance di Ravel, in un crescente di emozioni, sentimenti, dolore e sofferenza! E poi scende la sera, con i fari accesi lo stadio è ancora più bello. Da lontano il “Nasone” mostra il suo profilo che diventa da azzurro a nero in un baleno, stagliando tra le fabbriche, mentre i rumori tacciono remoti. Vi è il saluto delle autorità, corse a “benedire” questo piccolo grande avvenimento: Il vicesindaco Eduardo Riccio, l’assessore Domenico La Gatta, il Presidente del consiglio comunale Salvatore Cioffi, la Presidente della commissione bilancio Marianna Manna. Tanti i messaggi che giungono con ogni mezzo per chi non è potuto essere presente: il Sindaco,Gianluca Del Mastro, l’assessore all’ambiente Mariangela D’Auria, l’assessore allo sport Rosanna Genni, il Presidente della Polisportiva Comunale Domenico Cavaliere, rappresentanti del Comitato Regionale Rugby, arbitri ….
Poi tutti ad immergersi totalmente nel terzo tempo. Il terzo tempo nel rugby ha un significato che solo chi lo ha giocato o vi ha orbitato attorno, come familiare o come amico, può capire. Nel terzo tempo è contenuta l’essenza del rugby e di come dovrebbe essere lo spirito di ogni sport. Chi ha avuto occasione di assistere ad una partita di rugby, ad ogni livello, e partecipare al terzo tempo, ne è rimasto affascinato ed ha portato con se questa esperienza da ricordare e da raccontare. Nel rugby la partita non finisce all’ottantesimo minuto, con la fine del secondo tempo; c’è un altro tempo nel quale la lealtà che già ha dominato gli ottanta minuti di partita, viene elevata all’ ennesima potenza. La squadra di casa offre agli ospiti un pasto frugale, una merenda o addirittura un vero e proprio pranzo, a seconda delle sue possibilità economica ed organizzative ed i giocatori si mescolano a tavola non solo per mangiare, e tutti sanno che ai rugbisti l’appetito non manca, ma per familiarizzare scambiandosi battute sagaci, commenti e rivangando ricordi, sempre legati al rugby. Alcuni di questi giocatori si conoscono fin da ragazzini, addirittura dall’ infanzia: si sono incontrati a tornei, ritiri; alcuni hanno fatto parte delle stesse rappresentative regionali se non addirittura nazionali e sanno cosa succede e cosa si deve fare nel terzo tempo. La partita continua e vede messe alla prova non solo le capacità fisiche ed atletiche ma anche quelle intellettive e comportamentali. Sono gli scambi di battute, le barzellette e gli sfottò le armi che si usano in questa terza frazione di partita in un’arena addobbata non solo per mangiare. Attorno a quei tavoli imbanditi come meglio la società ospite può, seduti, o in fila davanti ai pentoloni per conquistare un agognato piatto di minestra, si disputa un tempo supplementare che può talvolta ribaltare l’esito avuto sul campo. C’è un confronto di personalità, di culture e di caratteri. Culture diverse, nel senso antropologico e educazionale, che si sfidano; e l’esito non è mai scontato. Per la squadra sconfitta sul campo è possibile in questo confronto fra uomini legati dalla stessa passione, rudi ma leali, ribaltare, seppur solo a livello simbolico il risultato sul campo; ma è anche possibile avere conferma della propria inferiorità non solo in termini atletici ma anche in termini caratteriali. Lo scontro fisico ormai ha lasciato spazio a quello dialettico e chi ha più da dare e da dire può far suo questo importante prolungamento dell’agone. E’ così che si rafforza l’amicizia è così che si approfondiscono le conoscenze indipendentemente dal risultato che questo prolungamento di partita, il terzo tempo, vedrà. E questi teneri ragazzoni, che fino a pochi minuti prima si sono scontrati sempre con lealtà, ma con la durezza che questo sport pretende e che fa parte delle regole del gioco, sa che la partita non è finita e pur nel gioco e nell’amicizia che la fanno da padroni, il confronto continua.
Quando c’è una brezza leggera si veleggia sereni, tranquilli, pieni di fiducia e ottimismo. Si ha tempo e modo di lavorare a rafforzare le paratie, gli alberi e le vele del veliero. La bandiera sventola maestosa sul pennone e la si guarda orgogliosi.
Domani si ritorna sul campo per passeggiare, assorto, in disparte, silenzioso, quando la malinconia o un problema mi ingombra l’animo. Per cercare di ritrovare me stesso, immerso nella bellezza del luogo, nel suo silenzio, nel sentimento del tempo. In cui le vestigia imponenti di una grande storia che fu, mi riportano alla caducità di tutte le cose umane. Perché nelle piccole cose, il cuore ritrova il suo mattino e si rigenera.