Autonomia differenziata, il ddl approvato al Senato. Dalla scuola alla sanità, cosa cambia

Il Senato ha approvato in prima lettura il ddl Calderoli sull’Autonomia differenziata: 110 voti favorevoli, 64 contrari e 3 astenuti. Il provvedimento, ora, passa all’esame della Camera. L’obiettivo del governo è arrivare all’approvazione definitiva prima delle elezioni europee di giugno.

Il ddl sull’Autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario è una legge puramente procedurale per attuare la riforma del Titolo V della Costituzione, messa in campo nel 2001. In 11 articoli definisce le procedure legislative e amministrative per l’applicazione del terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione.

Si tratta, in particolare, di definire le intese tra lo Stato e quelle Regioni che chiedono l’autonomia differenziata nelle 23 materie indicate nel provvedimento. Dopo l’ok del Senato, il ddl Calderoli si avvia alla lettura a Montecitorio con un testo modificato in commissione e in Aula. Sono 23 le materie che possono essere oggetto di Autonomia differenziata. Tra queste c’è la tutela della salute e poi, tra le altre, istruzione, sport, ambiente, energia, trasporti, cultura e commercio estero. Quattordici sono invece le materie definite dai Lep, Livelli essenziali di prestazione: si tratta di materie di competenza concorrente Stato-Regioni su cui gli standard minimi delle prestazioni dovranno essere assicurati su tutto il territorio nazionale.

La concessione di una o più “forme di autonomia” è subordinata alla determinazione dei Lep, ovvero i criteri che determinano il livello di servizio minimo che deve essere garantito – specifica il testo – in modo uniforme sull’intero territorio nazionale. La determinazione dei costi e dei fabbisogni standard, e quindi dei Lep, avverrà a partire da una ricognizione della spesa storica dello Stato in ogni Regione nell’ultimo triennio.

L’articolo 4, modificato in Aula al Senato da un emendamento di FdI, stabilisce i principi per il trasferimento delle funzioni alle singole Regioni, precisando che sarà concesso solo successivamente alla determinazione dei Lep e nei limiti delle risorse rese disponibili in legge di bilancio. Dunque senza Lep e il loro finanziamento, che dovrà essere esteso anche alle Regioni che non chiederanno la devoluzione, non ci sarà Autonomia.

Prevista una cabina di regia, composta da tutti i ministri competenti, assistita da una segreteria tecnica, collocata presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio. Dovrà provvedere sia a una ricognizione del quadro normativo in relazione a ciascuna funzione amministrativa statale e delle Regioni ordinarie sia all’individuazione delle materie o ambiti di materie riferibili ai Lep sui diritti civili e sociali che devono essere garantiti in tutto il territorio nazionale.

Per quanto riguarda i tempi, il governo entro 24 mesi dall’entrata in vigore del ddl dovrà varare uno o più decreti legislativi per determinare livelli e importi dei Lep. Sato e Regioni, una volta avviata, avranno 5 mesi di tempo per arrivare a un accordo. Le intese potranno durare fino a 10 anni e poi essere rinnovate. Oppure potranno terminare prima con un preavviso di almeno 12 mesi.

L’undicesimo articolo, inserito in Commissione, oltre a estendere la legge anche alle Regioni a statuto speciale e le province autonome, presenta la clausola di salvaguardia per l’esercizio del potere sostitutivo del governo.

L’esecutivo può sostituirsi agli organi delle Regioni, delle città metropolitane, delle province e dei comuni quando si riscontri che gli enti interessati si dimostrino inadempienti, rispetto a trattati internazionali, normativa comunitaria oppure vi sia pericolo grave per la sicurezza pubblica e occorra tutelare l’unità giuridica o quella economica. In particolare, si cita la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni sui diritti civili e sociali

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