Si radicalizza lo scontro sul Roma Pride , il corteo lgbtqia+ che sfilerà sabato nelle strade della Capitale, dopo l’aut aut lanciato dal governatore del Lazio, Francesco Rocca, agli organizzatori: la sua condizione per concedere di nuovo il patrocinio, revocato in polemica con la «pratica degradante» dell’utero in affitto, è che il portavoce, Nicola Colamarino, «chieda scusa per la strumentalizzazione e la provocazione inaccettabile». L’attivista, però, tiene il punto: «La versione moderna della vendita delle indulgenze… Chiaramente non ci sarà nessuna scusa, nessuno ha manipolato nessuno». E punge con una sottolineatura: «Avrebbero dovuto conoscere quali erano le istanze». Nel frattempo, altre amministrazioni guidate dal centrodestra si allineano: ieri il Consiglio regionale della Lombardia ha bocciato la mozione per indicare un proprio delegato al Pride di Milano e il Comune di Gorizia ha negato il patrocinio alla manifestazione.
Dalle opposizioni Riccardo Magi , segretario di +Europa, lancia l’hashtag #revocatestocarro e attacca: «Che imbarazzo, che tristezza… È davvero grave, ma è il segno di questa destra di governo che si arrampica sugli specchi per trovare motivazioni. In realtà è la loro identità che viene fuori e prende il sopravvento». Alessia Moretti, eurodeputata dem, accusa la maggioranza di «scivolare verso il Medioevo» e paventa derive «retrograde» con il rischio per l’Italia di «avvicinarsi pericolosamente all’Ungheria di Orbán e alla Polonia». Dal M5S Fabio Massimo Castaldo, vicepresidente dell’intergruppo lgbtqia+ a Bruxelles, stigmatizza la mossa del governatore Rocca, «che ci restituisce lo sguardo discriminatorio, intollerante e omofobo delle destre». Solidarietà ai promotori anche da Elodie, madrina della scorsa edizione, che si indigna su Instagram: «Tutto il mio sostegno a chi promuove una società che rispetta tutti! Vergogna».
I partiti al governo blindano la decisione di revocare il sostegno al Roma Pride con il segretario della Lega, Matteo Salvini, che ribadisce la propria posizione: «Io sono contro l’utero in affitto. Punto. E contro chiunque proponga e difenda l’utero in affitto. Poi non conosco le vicende della Regione Lazio, quindi non le commento». Sui social il senatore Maurizio Gasparri (FI) rilancia: «La tratta dell’utero, degli ovociti e poi dei bambini è uno dei più gravi orrori del nostro tempo. Chi difende queste pratiche non merita il patrocinio delle istituzioni». L’azzurro Giorgio Mulè condivide il mantra che risuona tra gli alleati: «La manifestazione è stata politicizzata, sarebbe bastato che il capoverso sulla gravidanza per altri fosse stato espunto e la Regione Lazio avrebbe mantenuto il patrocinio». La capogruppo in commissione Giustizia, Carolina Varchi (FdI), insiste sul fatto che l’evento abbia assunto il carattere di una «sfida allo Stato in aperto contrasto con il nostro ordinamento che punisce come reato la pratica dell’utero in affitto».
Se il mancato patrocinio della Regione alla parata arcobaleno era già cosa certa in Lombardia, ieri è stato deciso che quest’anno non ci sarà neanche un rappresentante ufficiale del Consiglio regionale al Milano Pride del 24 giugno . Il Pirellone ha bocciato una mozione che chiedeva, come avvenuto l’anno scorso, che un rappresentante della Regione partecipasse al corteo indossando la fascia verde. Un passo indietro deciso dalla maggioranza con 43 no e 23 sì, al grido di «sì inclusione, no a manifestazioni divisive»: per i consiglieri di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia la manifestazione è «pericolosamente» vicina a battaglie come l’utero in affitto e i cartelli «offensivi» apparsi nelle scorse edizioni fanno il resto. Netta la dem Paola Bocci, per cui «la destra alla fine fa la destra» con una scelta «miope e retriva». Per la pentastellata Paola Pizzighini «la discriminazione è palpabile». Mentre Onorio Rosati (Alleanza verdi sinistra) si stupisce che «in questa Regione, dove si rivendica la libertà di scelta, sia possibile farlo in tutto tranne che nella sfera personale».