Capitano per sempre!

Capitano per sempre cosi Alessandro Del Piero su instagram saluta un grande attaccante ed uomo: Gianluca Vialli.

Vialli, da tempo era in cura per un tumore al pancreas. Lascia la moglie Cathryn e le due figlie Sofia e Olivia.

Campione e simbolo di Sampdoria, Juventus, Chelsea e della Nazionale italiana, aveva 58 anni. Da tempo era in cura per un tumore al pancreas. Il 14 dicembre scorso aveva annunciato il ritiro dalla Nazionale, in cui ricopriva l’incarico di capo della delegazione. «Circondato dalla sua famiglia è spirato la notte scorsa dopo 5 anni di malattia affrontata con coraggio e dignità», ha scritto la sua famiglia — la moglie Cathryn, le due figlie Olivia e Sofia — in una nota. «Ringraziamo i tanti che l’hanno sostenuto negli anni con il loro affetto. Il suo ricordo e il suo esempio vivranno per sempre nei nostri cuori». I funerali si terranno a Londra in forma privata.

Ci sono tanti modi per ricordare il capitano coraggioso Gianluca Vialli, ma questa immagine scalda l’anima e nel suo piccolo racchiude un po’ tutto: la fede cieca nel pallone e nella vita, la lotta alla malattia, il suo istinto di capobranco e la sua sensibilità, l’energia che fino agli ultimi giorni è sembrata inesauribile e la nostalgia per quello che sapeva di poter perdere, di lì a poco.

Il ragazzo ricco di Cremona, negli anni 80 coi suoi riccioli e i suoi enormi polpacci al vento, aveva la fisicità esuberante di quegli anni spensierati, era lo Stradivialli dipinto da Brera.

Tra 1987 e il 1990, tra i gol alla Svezia che ci riportarono all’Europeo e l’esplosione di Schillaci nelle Notti Magiche, si confermò la vera locomotiva calcistica, una forza della natura. Poi lo scudetto del 91, il culmine della Sampd’oro con Mancini gemello del gol; la finale di Coppa Campioni persa con il Barcellona nel 1992, l’addio al presidente Mantovani.

Quindi la seconda vita, juventina: i capelli rasati, il rapporto non facile con Baggio, il passaggio da Trap a Lippi, i muscoli del capitano che alzano al cielo di Roma la Champions con la Juve nel 1996. Una notte indimenticabile, non solo per i tifosi della Juve, quella del 96. Una Champions memorabile. Sofferta ma ancora più bella.

Infine gli anni da pioniere al Chelsea, giocatore e tecnico: Londra era diventata la sua città, lì si era costruito una bellissima famiglia. Vialli giocatore era ingombrante, scomodo. Nell’armadietto alla Juve aveva la foto del c.t. Sacchi «nemico» del momento.

Alcuni frasi di Gianluca Vialli

Il coraggio di calciare
«So come si fa. Ma ogni volta che calci per fare gol, è sempre come la prima volta: hai bisogno di un bel po’ di coraggio. E, anche, di un pizzico di fortuna».

La vittoria è un dovere
«Alla Juventus la vittoria non dà felicità, ma sollievo. È il completamento di un dovere, non il raggiungimento di una vetta».

Sono cresciuto con Carosello
«Io sono cresciuto all’oratorio, come tutti. Non c’era la PlayStation, la tv aveva un solo canale. Sono della generazione di Carosello. E come tutti ho imparato dai preti a giocare a pallone; a patto di frequentare anche il catechismo».

Che ci sarà dopo?
«Io ho paura di morire. Non so quando si spegnerà la luce che cosa ci sarà dall’altra parte. Ma in un certo senso sono anche eccitato dal poterlo scoprire».

Se la malattia è opportunità
«La malattia non è esclusivamente sofferenza: ci sono momenti bellissimi. La vita, non l’ho detto io, ma lo condivido in pieno, è fatta per il 20 per cento da quello che ti succede ma per l’80 per cento dal modo in cui tu reagisci a quello che accade. E la malattia ti può insegnare molto di come sei fatto, essere anche un’opportunità».

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