Ad oggi sono 108 le strutture accreditate per i disturbi del comportamento alimentare (erano 91 poche settimane fa) su tutto il territorio nazionale (101 del Ssn e 7 del privato accreditato): 55 centri al Nord (di cui 19 in Emilia Romagna), 18 al Centro Italia e 35 tra Sud e Isole (clicca qui per vedere la mappa completa).
Sono questi gli ultimi dati rilevati dall’Istituto superiore di sanità e presentati ieri, 15 marzo, in occasione della Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla. “Facilitare la richiesta di aiuto e informare sull’assistenza sono gli obiettivi della mappatura dei centri – spiega Roberta Pacifici, responsabile del Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Iss – dopo aver censito le strutture del Ssn, infatti, l’Istituto ha iniziato a mappare anche i centri del privato accreditato, notando un forte impatto e coinvolgimento su questi disturbi del comportamento alimentare, purtroppo in crescita durante il periodo pandemico”.
Il censimento in continua evoluzione consente anche di conoscere informazioni relative all’utenza assistita. Risultano in carico al 65% dei Centri censiti quasi 9.000 utenti (8.947), prevalentemente di genere femminile: 90% rispetto al 10% di maschi. Il 58% degli utenti ha tra i 13 e i 25 anni, il 7% meno di 12 anni. Rispetto alle più frequenti diagnosi l’anoressia nervosa è rappresentata nel 36,2% dei casi, la bulimia nervosa nel 17,9% e il disturbo di binge eating nel 12,4%. Sono 1.099 inoltre i professionisti che lavorano nei centri, tutti formati e aggiornati: soprattutto psicologi (21%), psichiatri o neuropsichiatri infantili (17%), infermieri (14%) e dietisti (11%).
“Durante la pandemia – dice Laura Dalla Ragione, responsabile Rete Disturbi Comportamento Alimentare Usl 1 dell’Umbria – le persone che soffrivano di un disturbo alimentare si sono aggravate. Magari hanno impiegato mesi per trovare il coraggio di chiedere aiuto o hanno aspettato mesi per un ricovero, aumentando il rischio di cronicizzazione o ricaduta nel disturbo”. I dati più recenti, infatti, relativi a una survey conclusasi a febbraio 2021, basata sull’incrocio di diversi flussi informativi analizzati dal Consorzio interuniversitario Cineca, confermano un aumento della patologia di quasi il 40% rispetto al 2019: nel primo semestre 2020 sono stati rilevati nei diversi flussi informativi 230.458 nuovi casi contro i 163.547 del primo semestre 2019. Il carico assistenziale globale dei nuovi casi e casi in trattamento è stato rilevato nel 2020 nel numero di 2.398.749 pazienti, un dato sottostimato poiché esiste in questa patologia una grande quota di pazienti che non arriva alle cure. I dati della survey rivelano anche un ulteriore abbassamento dell’età di esordio: il 30% della popolazione ammalata è sotto i 14 anni) e una maggiore diffusione nella popolazione maschile (nella fascia tra i 12 e 17 anni comprende il 10%). Si tratta di persone sempre più giovani che fanno fatica a far affiorare il disagio.