Si racconta che le anime purganti, le Anime Pezzentelle, ottengano una sorta di “permesso speciale”, quello di poter vagare quivi, sula Terra, ove hanno vissuto, all’apertura dei portali, tra questi quello della notte tra il 31 ottobre ed il 1 novembre, sino al rientro alla notte tra il 5 ed il 6 gennaio.
In questo frangente di tempo, raccontano, è possibile incontrarli, casualmente, tra la gente, spesso vestiti da forestieri.
Si narra addirittura che tempo fa, a Pomigliano una donna che filava la lana e scorgendo una processione, credendo fossero le preghiere dell’Aurora dell’Epifania, li seguitò, sino ad una chiesa. Era una notte nebbiosa, ed ella stupita si guardava attorno, non riconoscendo nessuno tra i processanti. Prima di entrare in Chiesa, gli si avvicinò un uomo corpulento, che la invitò a tornare a casa, per il suo bene, in quanto non era quello il suo posto.
Un po’ spaventata arretrò, giusto in tempo per guardare l’ultimo fedele entrare e la Chiesa sprofondare nel terreno.
Corse a casa e solo allora si accorse che erano passati pochi minuti alle tre di notte e che quella processione certo non era la processione dell’Aurora. Da tener presente che prima dell’editto napoleonico i defunti erano seppelliti sotto gli Edifici Sacri.
Si tratta delle anime del Purgatorio, o Anime Pezzentelle, impropriamente dette con riferimento a quelle che si trovano sotto la Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio, al Centro Storico di Napoli.
Molti conoscono i teschi ivi presenti, ognuno con una leggenda da raccontare, che sostanzialmente fu il primo cimitero in Italia ove dar degna sepoltura alla povera gente, ai lazzari. Questi erano contrapposti ai notabili, ai Santi, ai Reali, che avevano una cripta non sotto le Chiese, ma all’interno, come accade tutt’oggi, con i Santi.
Queste anime “nn” riposavano sotto, umilmente.
Ma quale la radice di questi cunti partenopei e di queste tradizioni?
In merito alle anime purganti, non voglio né è intento di questo scritto, parlare di Novissimi, dell’esistenza del Purgatorio e della Sua ubicazione. Personalmente mi limito a citare il parere della mistica cattolica calabrese in odore di Santità Natuzza Evolo, che affermava che molti di coloro che debbono scontare una pena prima di poter contemplare il Volto di Dio sono presenti qui sulla Terra.
Purtuttavia non possiamo in termini scientifici comprendere molte cose e, citando e parafrasando Dante “sedere in scranno e giudicar di lungi mille miglia con la vista corta di una spanna”. La Realtà non è che parte della Verità, e la Verità è una. E non possiamo svuotare l’Oceano con una conchiglia.
Ma torniamo a Noi, perché questi cunti partenopei, delle campagne partenopee, e soprattutto in Pomigliano d’Arco?.
E le anime Purganti sono presenti quivi, comunicano con Noi? Secondo i cunti, ovvio.
Negli anni ‘ 50, in Val Camonica, nel bergamasco, un falegname iniziò ogni giorno a svegliarsi prestissimo ed addentrarsi nei boschi. Tanto che i compaesani credevano fosse, come si dice a Napoli, “Uscito in Fantasia” ma iniziò a portare alcuni utensili, a rinvenire incisioni rupestri. Quel falegname di Capo di Ponte aveva fatto una scoperta sensazionale, l’esistenza, già teorizzata, dei Camuni, una misteriosa civiltà preistorica italiana.
Le incisioni giravano quasi ossessivamente su due soggetti, il Cervo e la Paletta. E le Grotte non erano semplici Grotte, ma una serie di cuniculi non scavati da mano umana. Il “Cervo” ha un significato ben preciso, in tutte le culture, è simbolo della Grazia divina, nello Zoroastrismo è simbolo del Bene che trionfa sul Male, per i Greci esso è anteposto al Cipresso-albero che adorna ancora i nostri cimiteri- ed allo stesso tempo al mito di Atteone, che per aver voluto sapere troppo-vedere Artemide nuda, ossia addentrarsi nella penombra lunare- era stato trasformato in candido Cervo e divorato dai suoi stessi cani. Il Cervo nella mitologia Norrea è altresì legato al frassino ed ad una vecchia dona che controlla l’operato di quattro cervi, la Norna, con lo scopo che la troppa bontà non divori il frassino, ossia l’albero che rappresenta l’Origine del Mondo, la Creazione. Una sorta di Strega benefica che aiuta e preserva l’ innocenza umana dalla autodistruzione. Persino in Cina Lu Hsing è simbolo degli emolumenti, della riconoscenza.
In buona sostanza questa Norna che guidava i quattro cervi era un po’ come le sicule donni di notti che evitavano, all’ombra dell’Etna e dei cuniculi di Efesto, la distruzione del Creato da parte delle donni di venti, il cui scopo era ottenere potere con l’inganno.
Non a caso, oltre al Cervo ed alla frequentissima Paletta, una sorta di legno magico spesso maneggiato da un uomo accanto ai cervi, che rappresentava la ricerca interiore –da rilevare che allho, paletta ha un assonanza con l’anglofono to hallow, scavare- , sono state trovate anche incisioni un po’ anomale, tipo un grosso uomo cornuto che minacciava un omino armato di paletta o l’occhio dai mille occhi, un Argo camunico che tutto vede e che è spesso a protezione dal demone dalle dimensioni abnormi.
La scoperta della civiltà dei Camuni è a Nostro avviso più che interessante, si è già accennato alle sicule donne di Efesto, il fabbro, il costruttore. Ora parliamo di un popolo che ci permettiamo di identificare con i Camuni. I Cimmeri.
“ Là dei Cimmeri è il popolo e la città / di nebbia e nube avvolti” Omero. I Cimmeri sono molto probabilmente una popolazione originaria del Mar Morto, ove furono scacciati dagli Sciiti, sconfitti dagli Assiri, in contatto anche con i Persiani, anzi sicuramente abitanti originari della Persia –oggi Iran- e si recarono nella Terra di Saturno, in Italia. Popolazione che viveva nella nebbia, ci dice Omero, che la immagina oramai all’estremo settentrione, popolazione sotterranea, che vive nella nebbia, che è nékya, capace di evocare morti.
Visto quanto supra rilevato passiamo alla terza festività successiva ad Halloween, quella di Imloch. Venendo conto, preliminarmente, che la festa intermezza, quella di Yule, che coincide con il Nostro Natale, con l’Incarnazione del Verbo, e cade nel medesimo periodo, ha non poche assonanze con l’incarnazione divina, in tutte le culture, al di là del Sol Invictus Zoroastriano, per i celti il Re Oscuro, o vecchio sole morente, si trasformava nel Sole Bambino, tramite la rinascita dalla Dea, la Madre Terra. I celti consideravano il Re Sole Oscuro come un sole-ombra, mentre il vero Sole, quello Bambino, era prigioniero di Arawan, re del mondo-di-sotto, che sarebbe rinato dal grembo di Ceridwen, la dea-strega dell’inverno. Gli antichi Greci rendevano omaggio al Dio Kronos per assisterlo nella battaglia contro Zeus e i titani, come i Romani, con i Saturnalia, al corrispondente Dio Saturno.
Ma come detto i Celti, popolo di pastori come Noi, hanno appreso questi culti da Napoli, dall’hinterland, da Pomigliano d’Arco. Partiamo con la celebre statua di piazzetta Nilo, Arpocrate.
E’ noto che in Napoli fosse presente già dal II secolo a. C. una comunità Alessandrina, insediatasi ivi non per caso, su un terreno già fertile delle credenze italiote, nei luoghi ove sorgevano le porte, i varchi, una zona all’epoca riversata da uno dei tre fiumi che poi confluivano nel Sebeto-terra dei tre fiumi in uno- alla foce preso l’attuale Castel dell’Ovo, e che alimenteranno poi il Castrum Lucullianum, successivamente convento Basiliano, il fiume in questione “niletto”si bisecava all’altezza di San Domenico Maggiore, scendendo l’attuale via Mezzo Cannone e immettendosi in quello di via Toledo.
Ma abbiamo parlato di varchi e di porte, le porte che mettevano in contatto con i Cimmeri, da ciò tante le leggende dei Rosacroce e dei Massoni vari fioriranno dal 1600 in poi. I Cimmeri, un popolo che comunicava con i defunti, con le anime purganti, come si credeva. E che venerava questo Arpocrate, vecchio barbuto, quasi un sileno, che allatta dei bambini, come da statua. E che poi gli Egizi trasformarono in Horo. Horo, figlio di Iside e di Osiride che vendica l’uccisione del Padre sconfiggendo il malvagio Seth. C’è da dire che poi Iside divenne Istarte, Astarte fenicia, poi la famosa pomilia Afrodite Anzeia, poi Selene, Persefone. Persefone, o Demetra, o Kore, che scende negli inferi come consorte di Ade/Pluto/Plutone in Inverno per far ritorno in Estate. Come l’Euridice persa per sempre dal cantore Orfeo. Ed in questo periodo di permanenza è consentito a coloro che sono imprigionati negli inferi di uscire tra i mortali, ma solo se destinati, poi, ai Campi Elisi.
Osiride, rappresenta Saturno, e la Sua Terra- l ’Italia-, ed Urano evirato da cui nascerà di spuma (afròs) Afrodite, ed Apollo, principe delle arti, compagno delle Nove Muse, nonché Elios, il sole, ma prima di questo processo, dovrà morire, come Gesù, Verbo Incarnato, Dioniso fatto uomo, Dioniso che risorge, Dioniso contro il Crocefisso, direbbe sottilmente, ed essendo frainteso, Nietzsche.
E il nostrano Arpocrate, che diviene Horo egizio ed Hermes Greco, e Mercurio Romano, messaggero degli dei presso gli uomini, messaggero di Dio, Spirito Santo, Profeta, o Cristo. Che sconfigge Seth, l’avversario, il male, che si era ribellato al padre Osiride, e sconfiggendolo aiuta l’uomo. Da sottolineare che la divinità maligna Seth era-e come non dire è ancora, in un certo senso- avallata da una congrega, i Sebetiti, il cui scopo è far vivere l’uomo nelle tenebre e fermare la Grazia e corrompere l’uomo, riducendolo al fango primigenio. Osoride, infatti, fu ucciso e diviso in quattordici parti, poi ricomposto e resuscitato e vendicato da Horo. Ma Seth ed i suoi si aggirerebbero ancora per corrompere, invidiosi, l’uomo.
Molto si è discusso di VITRIOL in merito ai Cimmeri, che abitavano in cunicoli ed erano perciò ritenuti abitanti di Agartha, con la famosa teoria della Terra Cava.
In realtà, questi evocatori di defunti, abitavano sì in cunicoli, e non sappiamo se ve ne sia traccia, e con molta probabilità, a Nostro avviso, resta il mistero dei cunicoli che percorrono tutta la Terra ed hanno nove punti di accesso. Anche Platone, che scrisse di Atlantide, nella sua Repubblica, parla del noto “Mito della Caverna”. Purtuttavia questo mito non sembra affatto farina del sacco di Platone, o per lo meno è un po’ mal interpretato da egli stesso, provenendo probabilmente dai Pitagorici, Pitagora era in contatto con Persiani, Egizi e Cimmeri.
Platone, infatti, erra ove afferma che le cose esistono indipendentemente dalla loro apparenza. L’Apparenza è l’unica manifestazione dell’essenza, infatti è la luce, il fuoco, che permette agli abitanti della Caverna di vedere. Tale credenza, così come il nostrano Arpocrate, la Trinità, l’Iside, Madre Terra, Madonna Santissima, era comune anche agli Esseni, con molta probabilità Cimmeri anch’essi. Ove non brilla la luce non può esservi Apparenza ma Etalagia, ossia manifestazione del Non Essere, del Nulla, di Seth, dell’Avversario e del terzo ribelle. Deserto arido senz’ombra, gelo, chiasso, maldicenza.
Arpocrate, non a caso, porta un dito ritratto all’indietro verso la bocca come a dire “Silenzio”. Non il silenzio degli iniziati ma il silenzio che si contrappone al caos, alla Babele, paradossalmente la confusione di chi deteneva una sola lingua ma parlava troppo, e in contrappasso fu punito. Per restare silente, contemplante.
Così, dopo il ‘600, ed in parte anche nel Rinascimento, molti hanno interpretato il silenzio come simbolo di richiamo alla iniziazione, e una sigla, una parola, come un acrostico misterioso VITRIOL, ossia “Visita Interiora Terra Rectificando Inveniens Occultum Lapidem”
Sperando di risolvere l’enigma, di trovare i Cimmeri, con chissà quale potere occulto degli Agarthiti,. Ma Vitriol, lasciando da parte l’Athanor, il forno alchemico, e la lunga vita, come la trasformazione dei metalli in oro-cose che come ho spiegato diffusamente in diversi scritti non hanno nulla a che vedere con la realtà materiale ed i beni fisici o la via eterna sulla Terra-non è altro che la risoluzione di un enigma.
Del SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS. Il cosiddetto quadrato magico, presente in diverse cattedrali, che si può leggere in orizzontale e verticale, sia dal basso che dall’alto, dando sempre la stessa formula.
È questa l’occulta lapide e visita la terra interiore, significa guarda dentro di te, e vai più sotto o più in alto-a seconda di come si legge- mantenendo il significato, tenet opera rotas, possiede l’opera della ruota del circolo,, imperfetto, quindi ellisse, rectiìficando, cioè non è un circolo perfetto, ma una ellisse –rapporto tre-due. E così si comprendono le due parole “incomprensibili” Sator Arepo” capisci la lapide occulta, strana, secondo la chiave, ICHTHYS, Pesce, Cristo, risultato: “IESUS CRISTOS THEU HYOS SATER”, “Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore”.
Ovvio, non possiamo non notare analogie agiografiche con Felice, a Cimitile, come nella basiliana Pomigliano, sorgevano catacombe paleocristiane.
Abbiamo da poco festeggiato Sant’Antonio e San Felice in Pincis, contemporanei.
Ambedue, il primo in Egitto il secondo a Cimitile ed anche a Pomigliano si ritirarono, da asceta presso delle catacombe, originario di un paese sul Nilo.
All’età di 35 anni, come San Felice in Pincis, ossia nella dantesca mezza età, le lasciò prediligendo le grotte ai piedi di un monte cavo, con due discepoli, unendo, come Felice, l’Hora e l’ascesi al Labora.
Agli spiriti predisposti parlava direttamente, ai non predisposti tramite intermediazione di Macario, figura nèkya, intermediaria, un po’ come i Cimmeri eletti asceti, o l’oracolo di Delphi, scrivendo apoftegmi, aforismi dei Padri del Deserto. San Felice potrebbe essere il mediatore del vescovo Massimiliano o viceversa.
E se sì vennero in contatto con i Cimmeri e la loro cultura.
Stesso dicasi per i Basiliani. Non ci sorprende che tali monaci, residenti in grotte anche a Pomigliano ove ora sorge la Chiesa del Carmine, abbiano avuto contatto con i Cimmeri, popolo nékya, capace di evocare morti .
Popolazione che viveva nella nebbia, ci dice Omero, nelle grotte, e conosciuta ai partenopei dell’epoca, che ha conservato culti ancestrali e sincretici.
La prima traccia dei Basiliani in Pomigliano appare in un documento del 1028, una pergamena nella quale è menzionata l’esistenza già da tempo di detto convento di Santa Croce, un certo Giovanni chiese ed ottenne, infatti, un campo in Pomigliano, col diritto di trattenere la metà del raccolto e l’obbligo di darne l’altra metà ai concedenti, recandola presso il monastero pomiglianese stesso. Detta richiesta e detta concessione fu data dal monastero dei Santi Sergio e Bacco, di Napoli. Si tratta di un antico monastero, non più esistente, posto ad oriente del Castrum Lucullanum.
Ed i Rotoli del mar Morto, ritrovati lo scorso Secolo, un insieme di antichi manoscritti giudaici di contenuto religioso rinvenuti nelle Grotte di Qumran nel Deserto della Giudea, vicino a Ein Feshkha sulla riva nord-occidentale del Mar Morto in Cisgiordania.
Di essi fanno parte varie raccolte di testi, tra cui i Manoscritti di Qumran, che ne costituiscono una delle parti più importanti.
Sono composti da circa 900 documenti, compresi testi della Bibbia ebraica, scoperti tra il 1947 e il 1956 in undici grotte dentro e intorno al uadi di Qumran, vicino alle rovine dell’antico insediamento di Khirbet Qumran.
Assumono un grande significato religioso e storico, in quanto comprendono alcune fra le più antiche copie superstiti note dei libri biblici e dei loro commenti, e conservano la testimonianza della fine del tardo giudaismo del Secondo Tempio.
Essi sono scritti in ebraico, aramaico e greco, per lo più su pergamena, ma con alcuni scritti su papiro.
Tali manoscritti datano in genere tra il 150 a.C. e il 70 d.C., ma molti non sono ancora stati trovati e potrebbero essere andati distrutti.
I Rotoli sono comunemente associati all’antica setta ebraica detta degli Esseni.
E se fossero i Cimmeri ad abitare quelle impervie grotte, da dove ci si narra provenissero?
Senz’altro essi apportarono un plus sapienziale di non poca rilevanza.
Giovanni Di Rubba