Oggi ricorre la memoria del Martirio di Santo Stefano. Primo -Martire Cristiano. Preso a Sassate sotto gli occhi di Saulo/Paolo-che dopo la conversione divenne l’Apostolo delle genti-, una Fariseo o forse Sadduceo.
Vorrei soffermarmi, e per questa ragione ho scelto questa opera di Giulio Romano, conservata nella Basilica di Santo Stefano a Genova, del 1521, in primis in onore a Raffaello, che adoro e di cui il Romano era allievo. in secundis perché meglio racconta le parti essenziali del martirio.
Ed occorre semplicemente soffermarsi su alcuni termini e sulla loro etimologia, ricordiamo che le Parole sono importanti -In principio era il Verbo Gv1;1-.
Stefano fu lapidato, preso a sassate perché umile ma fiero, non temeva di diffondere il Verbo, di dichiarare pubblicamente, in piazza, l’Evangelo, la Buona Novella.
Preso a sassate, le pietre, che sono il corpo delle parole, Petrus, Petros, Khefa, la struttura di esse, l’edificazione della Chiesa, il Tempio ove i fedeli possono riunirsi. Roccia forte, casa costruita sulla roccia, roccia possente.
ma le pietre, i sassi, se preservano in sé invidia e rancore, superbia, sono armi da guerra, terribili, da sempre. Non feconde.
Pensiamo infatti all’origine antichissima di “Petra”, “Rokka”, preindoeuropeo, era un’arma terribile, la prima arma dell’homo sapiens, ma era anche strumento proficuo, base, sostegno, della conocchia, strumento per filare. La Rukka, che è la Chiesa Cattolica apostolica di Roma, è il tempio, la Struttura, la Rukka, la Roccia, il Rock, che consente di diffondere in frastuono canti armoniosi a Cristo. Di fermentare la Parola con a musica. Pietro è anche Rock. La Chiesa di Roma è Rock.
E Stefano è Martire, martire, una parola maravigliosa, nel XVIII del Paradiso il Nostro Dante scriveva “Marte sempre con l’arte sua la farà trista” riferendosi ala Statua di Marte in Firenze, decapitata, ed allo stesso tempo alle guerre, che dividono, creano scissione. E qui il Sommo Poeta pone una magnifica analogia con l’altra Statua, quella del Battista, del precursore, di Giovanni Battista, martire e profeta, decapitato per invidia, superbia e lussuria.
Martirio, termine che rimanda sia a Marte, divinità della Guerra, ma che anche alla testimonianza di fede, martyr, alla solidità della fede. Sanz’armi.
E questa Testimonianza, questa costanza, porta alla gloria, come nel dipinto ove svetta in alto, avvolti da una nube, la figura del Cristo, Del Padre, dello Spirito Santo-rappresentato da una fiammela tra Padre e Figlio-, degli agnoli che la contornano, e subito sotto il Cristo la figura Sua di neonato, al primo giorno di vita, con in lontananza, quivi sulla Terra, a sinistra il Tempio di Gerusalemme, che sembra obnubilato dalla bellicosità dei carnefici, sulla destra un Muro, che ricorda il Muro del Pianto.
Stephanos, ossia, etimologicamente, “Coronato”, è in ginocchio ed è, con sguardo rivolto al cielo, già altrove, perdonando il clero giurista e scaltro che sta per lanciare la prima pietra.
Giovanni Di Rubba