Mancano oramai pochi giorni alla festività del Natale, giorno della Nascita ed Incarnazione del Nostro Signore Gesù Cristo.
Tuttavia non si tratta di una festa solo Cristiana, ma presente da tempi atavici in tutte le culture ed a qualunque latitudine.
Per i Celti quella di Yule coincide con il Nostro Natale, con l’Incarnazione del Verbo, e cade nel medesimo periodo, ha non poche assonanze con l’incarnazione divina, in tutte le culture, al di là del Sol Invictus, del culto di Zoroastro, per i celti il Re Oscuro, o vecchio sole morente, si trasformava nel Sole Bambino, tramite la rinascita dalla Dea, la Madre Terra.
I celti consideravano il Re Sole Oscuro come un sole-ombra, mentre il vero Sole, quello Bambino, era prigioniero di Arawan, re del mondo-di-sotto, che sarebbe rinato dal grembo di Ceridwen, la dea-strega dell’inverno.
Gli antichi Greci rendevano omaggio al Dio Kronos per assisterlo nella battaglia contro Zeus e i titani, come i Romani, con i Saturnalia, al corrispondente Dio Saturno, ciò avveniva anche per i Romani ma la data dei Saturnalia più vicina al Natale è il 24 dicembre, giorno della vigilia, poi anche a Roma si diffuse il culto del Sol Invictus.
Ma veniamo a noi, fatte queste debite premesse di Nostro interesse è parlare del simbolismo del presepe.
Non scriverò della miriade di pastori partoriti dalla fantasia napoletana, cui spesso è dato un nome e la cui bellezza risiede soprattutto nell’anacronismo attualizzante e nella maestria degli artigiani.
È interessante notare come un pastore sia divenuto l’epiteto con cui vengono nomate tutte le statuine del presepe.
Il pastore è la guida, colui che fa strada, il radunatore divino.
Il suo nome deriva da pascere, nutrire, medesima etimologia della mangiatoia, presepium, luogo di nutrimento-per l’anima e lo spirito in questo caso. Il piccolo Gesù prefigura il Suo Corpo e Sangue immolato, l’Eucarestia.
Ma torniamo ai pastori, essi guidano il proprio gregge alla capanna, come farà Dio, Gesù, con tutti, donne e uomini, col Suo popolo.
C’è poi la venuta dei Magi, i Maghi e sovrani dell’Oriente che compiono pienamente la Teofania
I magi, i Re Maghi – potere temporale e spirituale-, con la venuta del Verbo Incarnato, hanno ceduto ad Egli ogni potere da Egli stesso derivato, riconoscendo la loro umanità e la Divinità del Cristo, l’Oro, ovverosia la Ricchezza ed il Potere, l’Incenso, ovverosia gli onori Sacri, la Mirra, ovverosia la Taumaturgia.
Di più giunge la Regina del Sud, la Nostra “Befana”- che tanto vetusta non è, la Regina di Saba, colei che sconfiggerà il Re del Nord, Gog e Magog, anch’ella serva ed ancella di Dio fatto uomo, bambino, presta i suoi leziosi omaggi. Sottomessa, da chi è più di Salomone come Re e più di Giona come profeta e che alla generazione incredula non darà altro se non il segno del nascondimento, il segno di Giona appunto.
L’Oriente da allora e dopo la Morte e Resurrezione di Cristo, soprattutto nel Medioevo, sarà indicato come il Regno di Prete Gianni, da alcuni identificato con l’”immortale” Giovanni discepolo ed evangelista.
Ma veniamo alla mangiatoia, ivi è deposto Gesù Bambino in fasce, “al freddo ed al gelo” come intona la famosa canzone di Alfonso Maria Liguori.
Il Bambino è come se fosse plasmato dall’“Athanor”, il piccolo forno chiuso di metallo o vetro nel quale avveniva la trasmutazione dello zolfo, materia etericamente maschile- e del mercurio -materia etericamente femminile- in metallo prezioso, simbolo del passaggio dall’uomo vecchio a quello nuovo.
Vi sono poi due animali che riscaldano il Cristo neonato, il Bue, simbolo della Forza, ma Dominata da un Fine. Ad egli corrisponde Giuseppe, falegname, artigiano, ligio al lavoro, uomo del silenzio, del rispetto del Sacro.
E l’Asino, che rappresenta l’Umiltà e la Conoscenza. È noto che Apollo donò le sue lunghe orecchie per meglio intendere.
In corrispondenza all’asino vi è Maria, la Madre di Dio, sapiente di una sapienza umile e non arrogante, senza peccato originale, sempre vergine.
Abbiamo, infine, l’angelo, specificatamente l’arcangelo Gabriele, il messo celeste, colui che dà il lieto annuncio a Maria, parla a Giuseppe, ferma Abramo. Ma allo stesso tempo l’arcangelo tonante dell’apocalisse, o colui che mandò le piaghe d’Egitto.
Qui è in veste insolita, canta in onore del bambino i Tre Gloria, al Padre al Figlio ed allo Spirito Santo, con canto di giubilo tutta la notte.
Giovanni Di Rubba