L’ Epistula Lentuli è una lettera all’imperatore Tiberio la cui redazione è attribuita a Publio Lentulo, governatore e procuratore della Giudea prima di Ponzio Pilato.
In essa il governatore poneva a conoscenza l’imperatore della presenza di un profeta che si proclamava figlio di un Dio, del Dio ebraico.
L’aspetto interessante è che descrive con minuzia le fattezze di Cristo Gesù. Non entro, dunque, nel merito della diatriba tra chi la ritenga un falso o meno. Tuttavia premetto semplicemente che a mio avviso è autentica e non un falso postumo, anche in virtù della simiglianza della descrizione con le icone venerate nei primi secoli dai Cristiani. Nonché del fatto che ritengo altamente plausibile quanto raccontato da Tertulliano circa la proposta di Tiberio al Senato, dopo la morte di Gesù, di ammettere anche il culto e la venerazione di Gesù Cristo come Dio a Roma, come era usanza dei Romani per le religioni dei popoli sottomessi, richiesta però respinta. E che giustificherebbe le successive persecuzioni. Senz’altro Tiberio ed il Senato conoscevano Gesù, da subito.
All’occhio dei Romani nulla sfuggiva. Anzi gli occhi dei Romani a quell’epoca erano quasi esclusivamente sulla Giudea, da cui l’imperatore richiedeva rapporti dettagliati e frequenti perché le rivolte erano all’ordine del giorno, mentre nelle altre parti dell’impero vi era la pace o quanto meno una sostanziale tranquillità – Sub Tiberio Quiens-.
Tra l’altro lo stesso Nerone, che si ritiene abbia aderito al culto mitriaco, e sia un iniziato-non a caso egli si proclamava sole, uno dei gradi del culto- volesse ammettere il culto cristiano ed anzi, a differenza di Tiberio, del tutto simile al mitraismo e magari, sincreticamente, farne un unico culto.
Nerone conosceva bene e di persona molti cristiani, essendo assiduo frequentatore del popolo-spesso si recava di notte nelle insulae- e ben disposto e preparato allo stoicismo, tra i maestri, infatti, vantava i consigli di Seneca.
Ad ogni modo è interessante che si ricordi la nostra terra in quella che è la prima descrizione dei connotati e denotati di Gesù, che ha impegnato ed impegna ad oggi fisici, biologici, antropologi, chimici di tutto il mondo, persino la nostra polizia scientifica e il CSI americano, giungendo ad analizzare al carbonio lembi della Sacra Sindone etc.
Bene in quella prima descrizione di Gesù inviata dal procuratore a Capri, presso la dimora di Tiberio, per descrivere i capelli di Gesù non si è potuto non fare riferimento ai frutti della nostra terra. ‘Capillos habens coloris nucis auellane praematura et planos usque ad aures’. Ha capelli color delle noci di Avella premature e lisce sino ad esser simili ad oro.
In merito alla veridicità sono dell’avviso che l’originale sia andata deteriorata e poi perduta e gli amanuensi, magari i monaci Basiliani del Castrum Lucullianum, l’abbiano riscritta. Ciò spiegherebbe l’errore di modalità di data in calce alla lettera (“indizione settima, luna undicesima”) che non avrebbe senso. L’indizione come metodo di computo degli anni non era in uso prima di Costantino. Inoltre Essa indica un periodo di 15 anni, per cui Lentulo avrebbe dovuto specificare anche l’anno. Un romano poi non avrebbe mai usato l’espressione “luna undicesima”, ma “mese di novembre”.
Riporto sotto il testo latino della lettera. Per chi volesse leggerla.
Epistula Lentuli
‘Pub. Lentulus in Judea preses (tempore Cesaris) senatui populoque Romano hanc epistolam misit.
Apparuit temporibus istis nostris, et adhuc est, homo magnae uirtutis, cui nomen Jhesus Christus, qui a gente dicitur propheta ueritatis; et a suis discipulis filius Dei. Suscitans mortuos et sanans omnes langores. Homo quidem statura procerus et spectabilis. Uultum habens uenerabilem quam intuentes facile possunt diligere et formidare. Capillos habens coloris nucis auellane praematura et planos usque ad aures; ab auribus uero crispos aliquantulum coeruliores et fulgentiores; ab humeris uentilantes. Discrimen habens in medio capite iuxta morem Nazareorum. Frontem planam serenissimam cum facie sine ruga aliqua quam rubor moderatus uenustat. Nasi et oris nulla prorsus reprehensio. Barbam habens copiosam et capillis concolorem, non langam, sed in medio bifurcatam. Aspectum simplicem et maturum, oculis glaucis uariis et claris. In increpatione terribilis, in admonitione blandus et amabilis. Hilaris quidem seruata grauitate. Numquam uisus ridere, flere autem sepe. In statura corporis propagatus et rectus. Manus habens et brachia uisu desertabilia. In colloquio grauis, rarus et modestus. Forma certe speciosus prae filiis hominum. Vale.’
Giovanni Di Rubba